Luogo: Bussi sul Tirino (PE)
Gruppo di lavoro: si
Anno lavoro: 2015

1. Inquadramento territoriale e accessibilità

Il comune di Bussi sul Tirino si pone in una posizione nodale all’interno della regione Abruzzo, tra il corridoio infrastrutturale con direttrice il fiume Pescara e le penetranti interne di collegamento (SS 153, SS17) al capoluogo di Regione. Nel suo territorio c’è lo scalo ferroviario sulla direttrice Pescara-Sulmona, e l’uscita autostradale della A25 (casello Bussi-Popoli). La sua consolidata rilevanza territoriale è confermata dalla presenza anche dell’antico tratturo Centurelle-Montesecco e da un sistema insediativo complesso e multisettoriale caratterizzato dal rapporto permanente con la sua principale risorsa naturale: il fiume Tirino.

Questi aspetti, centralità territoriale e armatura urbana esistente (carico infrastrutturale per la mobilità), hanno contribuito alla definizione di un ruolo essenziale nel Parco Nazionale del Gran Sasso, divenendo una sua porta di accesso. L’Ente Parco nel complessivo assetto di area vasta ha riconosciuto una polarità di livello intermedio, con vocazioni e relative politiche da perseguire incentrate sul recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio e sui servizi di supporto al turismo.

La direttrice del Cammino del Perdono promossa dal Movimento Celestiniano entra nel territorio di Bussi a conclusione del tratto che ricalca la SS.17 e da qui percorre la direttrice di fondovalle del Pescara, passando appunto sul nodo territoriale intermodale Tirino-Pescara.

2. Risorse ambientali e naturalistiche

Biocenosi della Valle del Tirino

La Valle del Tirino presenta un affascinante paesaggio naturale, in ragione della differenziata e ricca vegetazione presente lungo le pendici vallive, lungo l’asta fluviale, in alveo e sulle sponde. I monti che circondano la valle e degradano dai settori meridionali del Gran Sasso sono ricoperti da faggete e da praterie dinamicamente ad essi collegate.

Nelle quote sotto i 1.000 m la vegetazione prevalente è caratterizzata da boschi misti caducifogli (querceti xerofili) dominati dalla roverella (Quercus pubescens). Sulle pendici del M. Scarafano, da 700 a 1.000 m circa, vi è un denso orno-ostrieto, mentre in altre zone aventi condizioni edafiche e microclimatiche favorevoli, sono presenti vaste macchie a leccio (Quercus ilex). Tali boschi presumibilmente presentano componenti della macchia vegetale mediterranea che, dalle vicine Gole di Popoli, penetra in questa valle interna.

La Valle del Tirino possiede, dal punto di vista del regime pluviometrico, marcate caratteristiche di continentalità (ovvero scarse precipitazioni estive e notevoli escursioni termiche stagionali). I pascoli aridi sono di impronta steppica, ricchi di graminacee cespitose; sono caratterizzati fisionomicamente da stipa capillare (Stipa capillata), tenace e densa graminacea a distribuzione eurasiatica sub-meridionale.

Dinamicamente collegati ai querceti caducifogli termofili (di cui costituiscono uno stadio conseguente alla distruzione del bosco) sono i cespuglieti a bosso (Buxus sempervirens), presenti in diversi settori della Valle.

Numerose sono le zone di compenetrazione con una vasta gamma di situazioni vegetazionali intermedie (gariga a cisto, pascolo arido con ginepri, macchie a leccio, pascoli aridi con terofite, pietraie, pascolo roccioso, ecc.) anche come risultato di una ricca diversificazione microclimatica.

Lungo il fiume sono presenti anche diversi pioppi ibridi. Numerosi sono inoltre i tratti colonizzati dalla vegetazione palustre, quella cioè tipicamente semisommersa, soprattutto di cannuccia di palude (Phragmites australis) ed in qualche zona da tifa (o mazzasorda) a foglie larghe (Typha latifolia).

Nell’interno del fiume, dove la velocità della corrente è poco elevata, si selezionano comunità completamente sommerse o con foglie galleggianti, con ranuncolo d’acqua (Ranunculus triyrhophyllus) e brasca (Potamogeton pectinatus).

Il fiume ospita una ricca comunità di uccelli nidificanti, tra cui la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), il porciglione (Rallus aquaticus), il martin pescatore (Alcedo atthis), la ballerina gialla (Motacilla cinerea) e il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus). D’inverno le anse del fiume ospitano numerosi tuffetti (Tachybaptus ruficollis), folaghe (Fulica atra), aironi cenerini (Ardea cinerea) e diverse specie di anatre, mentre sui canneti si concentrano numerosi i migliarini di palude (Emberiza schoeniclus). E’ un sito di svernamento dell’albanella reale (Circus cyaneus).

Valori e componenti paesaggistiche

La visione d’insieme dell’area denota una molteplicità di ambienti e caratteri morfologici, naturalistici, di sfruttamento della superficie territoriale che, ad ogni modo, concorrono alla composizione di uno scenario paesistico vario ed armonico, caratterizzato da alcune viste particolarmente pregevoli, specialmente verso le imponenti vette del Morrone e della Majella.

Il mosaico paesaggistico si compone, da una parte, di aree di dominio antropico, quali l’agglomerato urbano di Bussi paese e Bussi officine, la rispettiva area industriale e commerciale, gli elementi infrastrutturali di varia natura, e dall’altra aree di dominio naturale, via più spiccatamente incontaminato ed inalterato con l’aumentare dall’altimetria. Al riguardo il Piano Paesistico Regionale individua quattro unità paesistiche per il territorio di Bussi:

fondovalle: caratterizzato da una forte urbanizzazione e concentrazione di attività produttive sia di tipo artigianale-industriale, sia di tipo agricolo.

versante collinare in destra idrografica: il versante collinare in destra idrografica è caratterizzato da forte copertura boschiva, dovuta alla favorevole esposizione a N-E, costituita da boschi di latifoglie (cerro e roverella) e conifere (pinete);

versante collinare in sinistra idrografica: il versante collinare in sinistra idrografica è caratterizzato da una copertura boschiva meno densa, ove si alternano boschi di conifere e latifoglie ad aree a cespuglietto e brughiere;

altipiano: l’unità di altipiano è caratterizzato dalla presenza di sistemi agricoli.

I punti di fruizione visiva o punti panoramici facilmente accessibili, come i tratti più o meno lunghi di strade dai quali è possibile percepire, da varie angolazioni e distanze lo scenario paesistico, sono maggiormente distribuiti alle altezze maggiori e lungo i versanti di risalita alle spalle dell’abitato. I tratti di fondovalle lungo il Tirino come la SS153 consentono una percezione del pianura alluvionale inquadrata dal sistema ondulato dei rilievi montuosi.

Valori ambientali e naturalistici: Aree Protette

La rilevanza degli aspetti naturalistici e ambientali del territorio di Bussi sono stati riconosciuti istituzionalmente mediante l’inclusione di quota parte della superficie comunale nell’area naturale protetta (L. 394/1991) del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e nel SIC – Monte Picca Monte di Roccatagliata (Direttiva 92/42/CEE,, “Habitat”).

Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga: organizzazione territoriale per la fruizione del patrimonio esistente

Bussi è riconosciuta nel Piano del Parco come porta del Parco per la rete della mobilità presente di rango regionale (principali direttrici, assi principali di raccordo) e i suoi nodi intermodali. Le “direttrici viarie di accesso al Parco” comprendono la rete viaria principale generale (A25, SS17), integrata con alcune direttrici minori, tra le quali sono state selezionate le più importanti. Tale suddivisione corrisponde all’ampiezza del bacino di utenza a cui sono riferite, e alla densità delle stesse sul territorio. Tra le principali direttrici viarie di accesso al Parco vi è:

– SS N°17 dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica nel tratto ad ovest dell’Aquila, fino a Civitatomassa (AQ) per le provenienze da Roma, Terni, Rieti dirette nell’area centrale del Parco e a sud-est fino a Bussi sul Tirino (PE) per flussi provenienti da Isernia, Castel di Sangro (AQ) e Sulmona (AQ).

Gli “assi principali di raccordo delle direttrici viarie di accesso al Parco” (SS153, SS5) hanno la funzione di raccogliere i flussi provenienti dalle direttrici viarie di accesso e di indirizzarli verso la rete viaria del Parco e delle zone circostanti. Risultano particolarmente significative, all’interno del sistema di accessibilità del Parco, le “strade di penetrazione” che costituiscono gli elementi più delicati del sistema viario, per la loro prossimità alle zone di riserva naturale. Rientrano in questa categoria infatti, quei tracciati che raggiungono i punti terminali, rappresentati frequentemente dai centri montani, che consentono l’accesso al sistema sentieristico, turistico ed escursionistico.

Un ruolo fondamentale riveste la “viabilità turistica” che rappresenta la struttura di riferimento dei percorsi turistici e che come indica il Piano del Parco dovranno essere caratterizzati da elementi morfologici unitari riconoscibili e da elementi strutturali (tracciato, aree di sosta, ecc.), tali da indurre una migliore e razionale fruibilità dell’ambiente.

Le stazioni ferroviarie principali di accesso al Gran Sasso sono invece localizzate a L’Aquila, Teramo e Bussi sul Tirino (PE).

 

SIC (Sito di Importanza Comunitaria) IT7130024 – Monte Picca Monte di Roccatagliata

Superficie: 1766 ha

Regione Bio-Geografica: Continentale

Descrizione: Contrafforte calcareo nelle Gole di Popoli con pareti rocciose e incisioni vallive. Nel sito sono presenti rimboschimenti con vari pini (pino d’aleppo, pino nero, pino silvestre ecc.). Nuclei di ostrieto, di bosco a prevalenza di Carpino bianco e di faggeta, oltre ad arbusteti pionieri a carcis siliquastrum, coronilla valentina.

Qualità e importanza: il sito è caratterizzato da cenosi mediterranee e steppico-continentali di particolare interesse biogeografico è la presenza tra le piante, di daphne sericea, normalmente legata ad ambienti costieri e qui in una delle pochissime stazioni interne, e tra gli animali, dell’istrice qui al limite orientale dell’areale italiano. La qualità ambientale è buona per il complessivo valore naturalistico-scientifico.

Uccelli:

– Lanius collario (avèrla piccola)

– Anthus campestris (calandro)

– Pyrrhocorax pyrrhocorax (granchio corallino)

– Falco peregrinus (falco pellegrino)

Mammiferi:

– Canis lupus (lupo)

 

3. Patrimonio edilizio

3.1. Centro storico

In principio il paese di Bussi dovette essere un pago, distretto agricolo nell’antico territorio di Roma che, con il passare del tempo divenne più grande e quindi villa. La denominazione di Bussi deriverebbe dalla presenza, nella zona dove sorsero i primi insediamenti, della pianta del Bosso (in latino Buxum) e fu prima Bucsi e poi Bussi. Notizie certe si hanno a partire dal 1092, momento storico in cui alcuni stabili del castello di Bussi erano posseduti dal monastero di San Benedetto in Perillis. Solo nel 1880 il nome fu completato nell’attuale Bussi sul Tirino, in onore del fiume che lo attraversa. Nel corso della storia molte furono le famiglie nobili che si avvicendarono: i Cantelmo prima (1377-1579), i Medici poi (1600) fino ai Borbone e con Carlo III il paese entrò a far parte del Regno delle due Sicilie.

La storia di Bussi sul Tirino è legata indissolubilmente al fiume Tirino che ha condizionato e orientato  le scelte insediative: il nucleo storico di attesta nelle immediate vicinanze però a una quota superiore, mentre alcuni edifici religiosi storici sorgono proprio lungo le sue sponde attestando il profondo legame tra  comunità e risorsa naturale.

Testimonianze architettoniche rilevanti nel centro storico e in prossimità del Tirino:

chiesa di Santa Maria di Ponte Marmoreo, detta anche di Ponte Marmore, ubicata lungo il fiume Tirino, è costruita su un banco di tufo. Dedicata a S. Anna e S. Pantaleone, risale all’inizio del XVI secolo come testimoniano gli affreschi che decorano le pareti interne dell’unica navata.

chiesa di San Lorenzo: si trova lungo il fiume Tirino, sulla sponda opposta della precedente, alla periferia di Bussi. Attualmente la zona si chiama via degli Stoviglieri, toponimo legato alla presenza in antico delle botteghe di vasai, dei quali Bussi vanta una paternità autorevole. In facciata sono conservati frammenti architettonici risalenti almeno al IX secolo, forse di riutilizzo. All’interno sono conservati alcuni bassorilievi provenienti dagli scavi di S.Maria di Cartignano;

- chiesa di San Biagio: ubicata nel centro storico del paese, a ridosso del Castello, risale al XVI secolo;

- castello o palazzo Gentilizio fortificato: si trova sulla sommità del paese e domina la vallata; trae origine probabilmente da un precedente castello risalente all’XI secolo. L’impostazione architettonica è tipica del XVI secolo: è a pianta rettangolare e composto da più edifici che racchiudono un cortile interno. A nord presenta una torre a base quadrata con beccatelli sulla cima. Conserva un portale di pregio, decorato da bugne di diverse dimensioni, e alcune bifore rilevanti;

- resti delle mura che nel medioevo delimitavano l’intero borgo. L’impianto difensivo era costituito da massicce mura e torri delle quali rimangono ancora tracce ben visibili ai limiti del paese.

 

3.2. chiesa di Santa Maria di Cartignano (XI-XII sec.)

La chiesa di Santa Maria di Cartignano risale all’ XI secolo ed è legata alla storia della colonizzazione benedettina. Il documento più antico è un atto di donazione del 1021 nel quale si fa menzione di una cella di san Benedetto, ossia una piccola chiesa di campagna. Questa ed altri possedimenti in territorio valvense vennero, ad opera dell’imperatore Arrigo II, confermati al monastero di Montecassino. Solo nel 1065 la cella divenne un vero monastero come risulta dalla documentazione di quegli anni in cui si parla non più solo di rettori ma anche di monaci. A partire dal secolo successivo la documentazione si dirada fino a scomparire per circa tre secoli, durante i quali Cartignano continuò ad essere un monastero. Intorno al 1390 fu Francesco Cantelmo, conte di Popoli e barone di Bussi, a nominarne il rettore, che da quel momento fu di nomina dei signori di Bussi. Verso la metà del XVIII secolo la chiesa di Cartignano passò ai monaci Celestini del Morrone. La chiesa manifesta i caratteri stilistici del XII secolo piuttosto che quelli dell’epoca della fondazione benedettina. Da un atto notarile del 1770 si ricava una descrizione della chiesa che a quell’epoca era ancora in piedi e presentava una struttura “a tre navi, con due altari laterali, con sacrestia, con una porta grande alla parte di settentrione, con un’altra piccola all’oriente e con rendita di duecento ducati“. Più tardi anche il De Nino ha confermato l’ipotesi a tre navate.

Lo stato in cui la chiesa è stata ritrovata all’inizio del Novecento, completamente sommersa dai detriti alluvionali, ha reso difficoltoso il lavoro di ricostruzione della pianta originaria. In seguito a lavori di scavo e ad interventi di restauro nel corso dell’ultimo secolo è stato parzialmente ricostruito l’edificio, che oggi presenta un impianto rettangolare a tre navate divise da archi posti su pilastri quadrangolari. L’aggiunta di una copertura lignea ha reso possibile ricollocare in posizione originaria una finestrella che permetteva l’illuminazione dell’interno. Nella navata sinistra è stato ricostruito anche l’altare che doveva fare coppia con uno simile nella navata opposta. Un altro piccolo altare in pietra si trova nella navata centrale. La chiesa termina in un’abside che all’interno era decorata da un affresco, oggi conservato al Museo Nazionale di L’Aquila, e all’esterno presenta una forma semicircolare con coronamento ad archetti pensili. La struttura a tre navate trova corrispondenza nel prospetto frontale semplice ed austero con una specie di cuspide centrale terminante nel campanile a vela. Il portale è molto semplice; sia l’architrave sia la lunetta sono lisci e privi di decorazione ad eccezione di una foglia che è sicuramente un materiale di reimpiego. E’ ipotizzabile che la lunetta ospitasse un affresco andato perduto a causa dell’umidità sprigionata per lungo tempo dai detriti. Una leggera decorazione è presente sui capitelli, su quello di destra c’è una dentellatura, su quello di sinistra delle corde ed una parte di epigrafe. Al centro della facciata c’è un rosone costituito da otto colonnette disposte a raggi che collegano un cerchio centrale a degli archetti laterali. Al culmine del prospetto è il campanile a vela che non è l’esatta ricostruzione dell’originale. Questo aveva al centro una colonnetta, oggi sostituita dalla campana che doveva essere in un’altra posizione. Dalle fonti inoltre risulta che le campane fossero due. Un’osservazione importante ai fini della ricostruzione storico-architettonica dell’edificio riguarda la tipologia degli archi utilizzati nelle diverse parti della chiesa. All’esterno, cioè nel rosone o nel campanile, viene usato l’arco a sesto acuto, mentre all’interno l’arco a tutto sesto poggiante su pilastri squadrati. Questo dimostra che l’edificazione della chiesa è anteriore al 1021 mentre l’ampliamento e l’ammodernamento risale al XIII secolo sotto l’influenza delle nuove correnti artistiche del gotico cistercense. Accanto all’edificio si trovano resti di un’antica costruzione che poteva avere funzione di foresteria in linea con la tipologia di chiesa, tratturale, oppure, come indica il documento del 1770, di “stanza del romito” e quindi abitazione dell’eremita. Oltre all’affresco dell’abside raffigurante Cristo benedicente in trono tra la Madonna e San Giovanni, gli interventi di liberazione della struttura dai detriti alluvionali hanno riportato alla luce altri piccoli affreschi inseriti in vani rettangolari e molto danneggiati dall’umidità, raffiguranti S. Nicola, S. Benedetto, S. Agata, S. Paolo, S. Amico, S. Mauro e S. Pietro, oggi conservati presso i magazzini del Museo di L’Aquila. In quell’occasione vennero recuperati anche altri pregevoli lavori di un certo valore artistico. Tra questi un bassorilievo lapideo che rappresenta il tema pasquale, oggi conservato nella chiesa di santa Rita a Bussi. La narrazione procede in senso antiorario, dall’alto verso il basso. Il sacrificio di Cristo è rappresentato attraverso i simboli dell’agnello e della croce, la Sua morte attraverso una figura distesa e la Sua resurrezione attraverso una figura sospesa sul lato destro. Alla base sono due leoni, simbolo del sacrificio di Cristo e della sua vittoria sulla morte. Un altro lavoro scampato all’alluvione è la statua policroma della Madonna con il Bambino di cui unica generica citazione troviamo nel documento notarile del 1770, anch’essa custodita presso la chiesa di S. Rita. Nella struttura muraria della chiesa sono stati rinvenuti blocchi di pietra locale con iscrizioni di epigrafi di età romana. Una di queste si trova sulla facciata principale a sinistra del portale e riporta un’epigrafe funeraria. Un’altra epigrafe funeraria si trova sul montante destro del portale della chiesa. La terza si trova sul muro esterno occidentale ed è una lunga iscrizione funeraria in otto linee sovrapposte.

(bibliografia: Giovanna Di Carlo, Ruderi di santa Maria di Cartignano, Raiano, Graphitype, 2005)

 

3.3. Palazzo-castello mediceo (XVI sec.)

Nel XVI secolo, ai margini del borgo medievale e presumibilmente sul sito di un preesistente castello, si insediò il palazzo-castello mediceo, la cui attuale configurazione, di proprietà della famiglia De Sanctis, è frutto di numerose modifiche. L’edificio, a pianta rettangolare con corpi di fabbrica racchiusi attorno ad un elegante cortile, è munito a nord di un’alta torre quadrilatera con beccatelli.

L’ingresso all’interno del cortile, è segnato da un portale con arco inquadrato da bugne di dimensioni eterogenee, all’esterno sono presenti alcune finestre a bifora di pregio. L’interno del palazzo è ricco di arredi d’epoca, di tele, di camini, nicchie, soffitti a cassettoni e volte.

 

3.4. Torre di avvistamento altomedievale – Sutrium

La torre d’avvistamento di Sutrium, di origine altomedioevale, è ubicata in località San Rocco, a sud-ovest dell’abitato di Bussi sul Tirino. La sua pianta triangolare è inusuale in Abruzzo e trova un unico esemplare simile nel teramano a Cermignano (torre di Montegualtieri).

Presenta il corpo snello ed era sicuramente poco elevata. La sua funzione principale era di controllo ed avvistamento di buona parte della vallata sottostante. Il collegamento visivo era garantito con il borgo di Bussi.

  1. Interventi previsti

La descrizione degli interventi proposti per l’adesione alla manifestazione di interesse al progetto di turismo integrato denominato “il Cammino del Perdono” promossa dal Consorzio Celestiniano è dettagliatamente contenuta nelle seguenti schede allegate e tavole di analisi del contesto territoriale:

Schede

– 1.a Completamento del Polo Sanitario;

– 1.b Ampliamento del Centro Servizi e Albergo Pensione per Anziani;

Circuito dell’ospitalità turistico, storico e ambientale:

– 1.c  Area di sosta camper (C1), Ponte ciclopedonale (C2), Area a parcheggio (C5)

Tavole

– tav. A Inquadramento territoriale e accessibilità

– tav. B Risorse e valori ambientali/naturalistici

– tav. C Patrimonio edilizio

I progetti in parte in corso di realizzazione sono coerenti con l’iniziativa, ed essenzialmente volti ad implementare i servizi ed attrezzature esistenti o previsti per la fruizione del patrimonio storico, culturale, ed ambientale topico.

Le tavole di analisi, di lettura e interpretazione del contesto evidenziano le potenzialità del territorio e la stretta pertinenza con gli obiettivi del progetto di turismo culturale, religioso ed ambientale del “il Cammino del del Perdono”.